Il disturbo bipolare, anche conosciuto come sindrome maniaco depressiva o depressione bipolare è classificato dal DSM-5 come un disturbo dell’umore, caratterizzato da gravi alterazioni di comportamenti, emozioni e pensieri, che porta l’individuo in una continua oscillazione tra fasi maniacali o ipomaniacali e fasi depressive. Quest’ultime hanno tendenzialmente una durata maggiore, mentre quelle maniacali e ipomaniacali possono permanere anche solo una settimana o poco più di un mese. Inoltre, anche il passaggio tra una fase e un’altra può essere lungo o repentino e definisce un umore disforico, che spesso è accompagnato da ansia, aggressività e irritabilità.
Parlando di criteri diagnostici, secondo il DSM-5, per definire un episodio maniacale (o mania) è necessaria la presenza di almeno tre dei seguenti sintomi:
In egual modo, l'episodio ipomaniacale è una sorta di “mania lieve” per cui l'individuo presenta una condizione clinica che solitamente non richiede un ricovero urgente e non conduce a sintomi psicotici. Le fasi depressive che alternano gli episodi maniacali e ipomaniacali, secondo il DSM-5 si manifestano attraverso i seguenti sintomi:
Oltre a episodi maniacali e fasi depressive, in un soggetto con disturbo bipolare si possono notare anche degli episodi misti, in cui sono presenti, in concomitanza, sintomi maniacali e depressivi. Tuttavia, il DSM-5 ha eliminato dal manuale la categoria “episodio misto dell’umore”, presente invece nella versione precedente DSM-IV-TR.
In aggiunta, il DSM-5, in base alla durata, frequenza e intensità dei sintomi, distingue il disturbo bipolare in tre categorie: disturbo bipolare di tipo I, disturbo bipolare di tipo II e disturbo bipolare ciclotimico.
Per fare una diagnosi del disturbo bipolare di tipo I è sufficiente un solo episodio maniacale, che non sia spiegato da schizofrenia. L'individuo è caratterizzato da uno stato mentale di eccitazione ed euforia per un periodo di tempo prolungato, che lo porta a ipervalutare se stesso e le proprie capacità, che nelle forme più gravi sviluppa veri e propri deliri. Per la diagnosi di questa tipologia di bipolarismo non è necessaria la presenza di episodi di depressione maggiore, anche se le ricerche ci mostrano che il 95% dei pazienti con disturbo bipolare sperimenta nella sua vita almeno un episodio depressivo maggiore.
Il disturbo bipolare II, si contraddistingue, invece, per la presenza di almeno un episodio ipomaniacale e da almeno un episodio depressivo maggiore. L’episodio ipomaniacale consiste in un periodo di almeno 4 giorni, in cui il soggetto, presenta un persistente umore elevato, espansivo e irritabile. Il DSM-5 ci dice che per avere una diagnosi di disturbo bipolare di tipo II è necessario che questi episodi ipomaniacali siano intervallati da periodi di depressioni più o meno prolungati, che risultano invalidanti per la vita quotidiana del soggetto e che possono sfociare in sintomi psicotici, come deliri.
Infine, il disturbo bipolare ciclotimico, o ciclotimia, è caratterizzato da una forte instabilità dell'umore, con oscillazione tra sintomi ipomaniacali e depressivi, che si presentano con una durata superiore a due anni e la cui intensità è minore rispetto alle prime due diagnosi sopracitate. In questo caso, non si può infatti parlare di depressione maggiore.
Inoltre, è importante ricordare che esiste anche una quarta categoria, rappresentata dai disturbi bipolari correlati o indotti da farmaci. Infatti, sintomi come manie e flessioni dell’umore possono non essere causati da un disturbo psichiatrico vero e proprio, ma dall’uso di droghe, quali la cocaina e le anfetamine, e dall’uso di psicofarmaci.
Parlando di epidemiologia, le statistiche mostrano che il disturbo bipolare ha un’incidenza tra l’1 e il 2% sulla popolazione generale, con il disturbo bipolare di tipo I che colpisce in egual modo uomini e donne e il disturbo bipolare II che colpisce maggiormente le donne. In generale, il disturbo bipolare è un disturbo dell’età adulta, che insorge dai 18 ai 30 anni.
Per quanto riguarda i fattori di rischio, si è dimostrato che il disturbo bipolare ha una forte predisposizione genetica, con la probabilità del 10% di sviluppare il disturbo se si possiede un familiare con la patologia. La percentuale è maggiore in gemelli eterozigoti con il 20% e omozigoti con il 40%. Nonostante ciò, non sono da trascurare i fattori di rischio ambientali, come prolungati periodi di forte stress, che possono causare cambiamenti dell’umore in tristezza e sconforto, ansia ed episodi depressivi.
La cura del disturbo bipolare consiste principalmente nella stabilizzazione del tono dell’umore del paziente. Questo può avvenire attraverso cure farmacologiche e psicoterapia, favorendo una buona relazione di fiducia tra paziente e terapeuta. Per la cura farmacologica, si ricorda in particolar modo il litio, principale stabilizzatore dell’umore di cui è fondamentale monitorare il livello attraverso analisi del sangue e la cui somministrazione deve avvenire in modo controllato dal medico psichiatra.
In conclusione, a livello di prevenzione è importante fornire una giusta psicoeducazione, che possa aiutare chi soffre del disturbo bipolare a prendere consapevolezza della cronicità del proprio disturbo, per sapere quali strategie adottare e chiedere supporto precoce al proprio medico e terapeuta, al fine di ridurre l’impatto della patologia sulla vita quotidiana.